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"Tanto più notaio, tanto meno giudice".
Con queste parole un famoso giurista (Carnelutti) ha definito la funzione essenziale del notaio.
Questo significa che quanto più il notaio fa bene il suo lavoro - e cioè accerta ed interpreta la volontà delle parti che concludono un contratto e redige in modo conforme alla legge e con chiarezza le relative clausole - tanto meno c’è bisogno di ricorrere al giudice (e cioè tanto minore è il rischio che l’atto notarile sia fonte di cause).
Ed è per questo che il notaio non può ricevere atti espressamente proibiti dalla legge (art. 28 legge not.) ed ha l’obbligo di essere certo dell’identità delle parti (art. 49 legge not.) e di indagarne personalmente la volontà (art. 47 legge not.).
L’atto redatto dal notaio è un atto pubblico, perché il notaio è autorizzato ad attribuirgli pubblica fede (perciò è un pubblico ufficiale). Come tale ha una particolare efficacia legale: quello che il notaio attesta nell’atto notarile fa piena prova (cioè deve essere considerato vero, anche dal giudice), salvo che sia accertato il reato di falso.
Il notaio, oltre a dover accertare la volontà delle parti e a dover consigliare loro il contratto o l'atto più idoneo a raggiungere il risultato pratico che esse si propongono, può svolgere un'attività di consulenza.
Il notaio ha il dovere di non consigliare atti o procedimenti in frode alla legge o ai creditori o diretti ad evadere o ad eludere l'applicazione di leggi tributarie; e deve avvertire le parti dei pericoli e delle conseguenze che possono derivarne.
Gli atti notarili possono essere atti pubblici o scritture private autenticate.
L'atto pubblico deve essere redatto dal notaio, mentre la scrittura privata può essere redatta anche da altri (e precisamente da chiunque). Il codice di deontologia notarile stabilisce che anche quando il notaio viene chiamato ad autenticare una scrittura privata redatta da altri (cioè dalle parti stesse o da professionisti, o da altre persone di loro fiducia) deve controllare che tale documento sia conforme alla legge e corrisponda alla vera volontà delle parti, anche mediante la lettura prima che sia sottoscritto. Perciò la differenza tra l'atto pubblico e la scrittura privata autenticata dal notaio si è molto attenuata. In pratica le differenze principali sono le seguenti: l'atto pubblico deve essere redatto dal notaio; se non è stato scritto personalmente dal notaio, deve essere da lui letto alle parti, che devono essere tutte presenti contemporaneamente davanti al notaio; deve essere scritto in lingua italiana (eventualmente, con la traduzione in lingua straniera) ed essere sottoscritto dalle parti e dal notaio nello stesso momento; deve essere conservato (salvo casi eccezionali) nella raccolta degli atti del notaio, ed è quindi soggetto al controllo del conservatore dell'archivio notarile; la scrittura privata può non essere redatta dal notaio può non essere letta dal notaio alle parti e può essere autenticata anche da più notai (ciascuno dei quali attesta l'autenticità delle firme e l'identità delle parti che hanno sottoscritto l'atto in sua presenza). Inoltre il notaio non ha l'obbligo di conservarla, ma può rilasciarla in originale alle parti. (Per gli atti soggetti a pubblicità immobiliare o commerciale, il codice deontologico stabilisce però che il notaio deve conservare nella raccolta dei suoi atti anche le scritture private, se le parti non ne abbiano chiesto la restituzione).
Con deliberazione del Consiglio Nazionale del Notariato n. 2/56 del 5 aprile 2008 è stato approvato il testo riguardante i principi di deontologia professionale dei notai, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 177 del 30 luglio 2008.